domenica 14 gennaio 2007

Stati alterati della coscienza



E' più di un mese ormai che vado in giro per gli spazi in espansione di SL e non mi sono ancora stancata, anzi. Da un lato c'è la curiosità quasi morbosa di perlustrare un mondo che è in continua evoluzione, variegato e sofisticato, dall'altra il fascino quasi perverso di sperimentare sensazioni un tempo solo immaginate o, in alcuni casi, semplicemente vissute nell’incoerente, onirica dimensione dei sogni di primo mattino. La costante consapevolezza di rischiare sempre più cadere nel baratro dello sdoppiamento della personalità è forte, un fenomeno così attraente e così pericoloso al tempo stesso da necessitare una serie di paletti psicologici ben saldi.
Mi sono posta il problema spesso in questi giorni, rendendomi conto di scivolare in certi momenti in un vero e proprio stato di alterazione della coscienza, sebbene tale definizione non sia psicologicamente corretta. Più che uno scarto di personalità si tratta piuttosto di indossare un vestito fatto di carne e di ossa, di assumerne gli atteggiamenti, i comportamenti sociali, perdersi in esso fino ad annullarsi, dimenticandosi per un periodo di tempo variabile delle lievi e inconsistenti imperfezioni dello spazio digitale, lo spazio asettico incontaminato di SL che sto vivendo da qualche settimana come la mia prima vita. Il dramma si presenta sempre più spesso all'atto del ritorno, a quei brevi momenti che separano un log-off da una nuova connessione, che mi fanno ripiombare in modo traumatico nelle consuete dimensioni della vita fisica.
La donna reale che ormai impersonifico con sempre meno convinzione si sta a poco a poco trasformando in un pallido riflesso di Rossana, se non fosse per le fattezze orientali, l'altezza e il fisico asciutto. La donna che conoscevo bene un tempo si sta trasformando in qualcosa che sta a poco a poco sta perdendo spessore, che diviene inconsistente e reale solo per qualche momento, portando alla donna vera, a Rossana Fleury, quel bagaglio di lunga esperienza accumulata in anni di vita e di lavoro in giro per il mondo. Nient’altro.
Mi osservo di tre quarti riflessa da uno specchio all'aeroporto di Milano, in attesa che un aereo olandese mi porti a Tel Aviv via Amsterdam, dannandomi con la rete wireless che non mi consente di immergermi ancora per un attimo nelle atmosfere fatate di SL. Non noto differenze essenziali da qualche anno fa. Mi sembra di non invecchiare, quasi che la staticità temporale di Rossana sia in realtà qualcosa di preesistente, di immanente alla mia persona; che ci fosse solo bisogno di evocarla e di sollevarla da uno stato di eterno torpore.
E' da tempo che sto pensando a una soluzione alla netrunner, quell'individuo di gibsoniana memoria che collegava il proprio cervello alla rete viaggiando verso le spettacolari luci della città di Chrome. Ma la tecnologia ancora non è arrivata a tanto, né avrò forse mai la fortuna di sperimentare tali impressioni sconvolgenti. Sarebbe bello però poter avere impressioni fisiche, dolore, freddo, senso di vertigine, sapori… le uniche cose che veramente mi mancano mentre sorvolo isole digitali e costruzioni fantastiche.
Nelle ore precedenti il mio trasferimento verso l'aeroporto ho bighellonato per un po' di tempo tra il Phat Cat's club e lo Sphynx, due circoli jazz molto alla moda, il primo quasi impossibile da raggiungere perché molto, troppo frequentato, l'altro tranquillo, senza confusione, da cui è possibile osservare spettacolari tramonti digitali attivando coreografie pirotecniche di sicuro effetto.
Al Phat mi sono intrattenuta a parlare con un paio di hosts e con il titolare, un americano alto, sempre cordiale, che - nei rari momenti di busy mode - rimane appollaiato sul cartello indicatore, quasi stia osservando dall’alto la scena e che si assicuri che tutto vada per il meglio.
Un tale mi ha coinvolto in un tango tranquillo. Un tipo anziano, con uno smoking attillato, i capelli bianchissimi corrosi da una forte stempiatura, e un fare raffinato, leggermente sotto tono. Sulle note di un vecchio brano di Lee Ritenour si è lasciato andare parlando di se stesso. Una vita infelice, un arresto cardiaco, ore tra la vita e la morte, l'impossibilità di condurre una vita normale, SL come rifugio da una vita ormai inutile e dolorosa. Mi ha fatto pena e ho cercato di stringere un'amicizia, ma si è subito allontanato rifiutando la mia richiesta. Si è scusato, poi è calato il silenzio. Ho avuto l’impressione che non fosse mai esistito, che mi fossi immaginata tutto. Gli ho chiesto di trasferirsi allo Sphynx, per parlare con più tranquillità, e ha accettato; poi, all’atto del teletrasporto, è sparito, come la scia di una stella cadente in una notte d’estate.
L’ho aspettato per un po’, l’ho cercato, ma il suo nome non era più raggiungibile, non era neppur presente tra gli avatar offline, quasi che la sua presenza fosse stata una semplice immagine sfocata di qualcosa di inconsistente, spettrale, giunto a me da una dimensione diversa per rendermi partecipe della sua angoscia.
Una profonda, sottile tristezza ha iniziato a pervadermi lentamente. Mi sono appoggiata alla balaustrata del locale guardando in lontananza e sperando in un segno. Nulla.
Ho disattivato lo stream musicale proprio nel momento in cui la bartender giapponese dello Sphynx mi offriva un Bentley in un grande bicchiere opalino. L’ho assaggiato tentando di indovinare un sapore impossibile, cercando di distinguere l’aroma del Calvados tra le labili fragranze del Dubonnet senza però riuscirci. L’immaginazione, almeno questa volta, non mi è stata d’aiuto.


1 commento:

Samantha Goldflake ha detto...

Sempre molto bello leggerti, ma ragazza... Un po' d'allegria, su. Comunque ti capisco, sai... Anche io non sono proprio al massimo di questi giorni.

Appena possibile spero di passare un po' di tempo con te, come si deve... Un abbraccio.